I reati nel Metaverso preoccupano legislatore, cittadini e difensori. Inizia la corsa alla tutela della privacy, alla proprietà intellettuale e la lotta al cybercrime
Il prototipo di una società perfetta non esiste. Dovunque ci siano delle regole, è concreta la probabilità di vederle violate con un grado di intensità più o meno alto. È questo che ci insegna la storia del mondo e le realtà virtuali non fanno eccezione. Ne è una dimostrazione la famiglia dei crimini informatici (o cybercrime), cioè quei crimini che si realizzano mediante un abuso della tecnologia.
Pare logico, allora, parlare di reati nel metaverso, immaginando che in una dimensione vasta e tutta da regolamentare come quella di cui stiamo parlando possano concretizzarsi fenomeni con una certa rilevanza agli occhi della legge.
Questo pone grandi pressioni sia per il legislatore, sia per il cittadino titolare dei diritti, sia per chi si fa difensore degli interessi di quest’ultimo. Il che rende forse ancora più interessante guardare da vicino i contorni della sfida legale che il metaverso rappresenta per i principali protagonisti delle vicende di diritto.
La società espone al conflitto, il conflitto all’illecito
La titolazione è forte e, in un certo senso, provocatoria e va bene che sia così. Ciò che intendo, quando dico che la società espone al conflitto e che il conflitto espone all’illecito, ho intenzione di spiegarlo approfonditamente nei passaggi che seguono.
Immagina il metaverso che preferisci – se non lo sai, infatti, di metaversi ne esistono vari e la scelta dipende solo da te e dalle tue valutazioni –, immagina di creare un avatar e immagina di cominciare ad esplorare la piattaforma in libertà. Possiamo ipotizzare facilmente che, nel corso dell’avventura, tu ti imbatta in qualche altro avatar. Allo stesso tempo, possiamo immaginare che finirai per rapportarti con oggetti, edifici, strutture e tutto ciò che offre il metaverso prescelto.
Le interazioni – siano esse con altri avatar oppure con situazioni o cose immateriali – sono spesso portatrici di conseguenze. Generano degli effetti positivi, negativi o neutri. Questo significa esporsi alla possibilità di un conflitto: dal momento in cui instauri una relazione, non sai mai quale direzione intraprenderà. A ciò aggiungi che il conflitto, per sua natura, ha contorni incerti. Può rimanere entro i confini della liceità oppure può evolversi in qualcosa che travalica i contorni della legge.
È questo che facciamo tutti i giorni senza rendercene conto, vivendo in società. Ci esponiamo alla possibilità del conflitto e dell’illecito, compiendo consapevolmente la scelta di superare o meno la linea del consentito. Un discorso che rimane applicabile al metaverso con una piccola precisazione del tutto dovuta: nel metaverso è ancora tutto in corso di definizione, quindi i confini di ciò che può essere fatto e di ciò che è oggetto di punizione sono di gran lunga più evanescenti di quelli della nostra società.
I reati del metaverso: quali diritti sono più in pericolo
Fatta questa premessa, possiamo aprirci all’individuazione dei reati del metaverso che più preoccupano gli esperti del diritto e gli scettici che ancora resistono al fascino della realtà virtuale, almeno finché non sarà più chiaro il tipo di tutela che possono aspettarsi al suo interno.
Diciamo che possiamo dividere in 3 macro categorie i reati del metaverso che al momento spiccano sugli altri per aver già avuto modo di manifestarsi o per aver già suscitato alcune speculazioni:
- protezione dei dati;
- proprietà intellettuale;
- cybercrime.
Tutela della Privacy nel Metaverso
La protezione dei dati nel metaverso è un tema molto caldo, forse il più caldo al momento attuale. L’utilizzo di tecnologie all’avanguardia, supportate dal ricorso all’intelligenza artificiale, rende infatti imperativo tenere sotto controllo la raccolta delle informazioni degli utenti, specie per quanto riguarda i dati sensibili.
A destare particolare preoccupazione è la tecnologia di tracciamento dei movimenti oculari e delle espressioni facciali, mediante la quale è possibile archiviare informazioni relative alle preferenze e agli interessi della persona ma anche ai dati biometrici e perfino allo stato emotivo.
Ciò che preme è essere sicuri che l’utente sia consapevole delle modalità di trattamento dei suoi dati sin dal primo ingresso nella piattaforma. A tal fine, probabilmente non sarà sufficiente una mera informativa come avviene di routine per l’utilizzo di molte app o programmi di uso quotidiano, ma sarà necessario approntare un sistema che aiuti la persona a prendere reale contezza della mole di dati che verrà a condividere e dell’uso che la piattaforma intenderà farne.
La Proprietà Intellettuale nel Metaverso
Cosa appartiene a chi e di chi è cosa? È questa la big question del metaverso, dove tutto è digitale e, se non ti assicuri di mettere l’etichetta su qualcosa, quel qualcosa potrebbe essere letteralmente di chiunque. In quest’ottica, assume di significato la corsa di alcuni dei più grandi marchi del mercato internazionale per procedere alla registrazione del marchio nel metaverso. Stiamo parlando di nomi del calibro di Nike, Mc Donald’s e Abercrombie.
Cosa succede se non lo fai? Finisci come la boutique francese Hermès, invischiata in una causa legale per vedere tutelato il nome del proprio marchio contro l’utilizzo fatto da un artista nel metaverso. Il caso ha suscitato il clamore della cronaca per la sua non facile definizione: il giudice si troverà nell’ardua posizione di stabilire se sia possibile applicare la legge – solitamente cucita sugli oggetti materiali – su un NTF, ovverosia un oggetto immateriale.
Che sia stato questo lo sprone per tanti brand a procedere alla registrazione del marchio?
Cybercrime nel Metaverso
Il caro vecchio cybercrime – la cui normativa risale al 1993 – potrebbe essere sul punto di ricevere una bella svecchiata proprio grazie al metaverso e ai numerosi illeciti che sembra sul punto di scatenare. Se è vero che tutto si svolge su piattaforme digitali tramite strumenti informatici, del resto, come potrebbe essere altrimenti?!
Uno dei problemi che è stato sollevato in merito è quello della possibilità di creazione di false identità tramite il deep fake. In linea di massima, il deep fake è una tecnica che consente di sovrapporre immagini/video esistenti con altri originali tramite l’uso dell’intelligenza artificiale per creare volti credibili di persone non esistenti (e non solo). Questo, se rapportato al metaverso, potrebbe portare al proliferare di avatar fittizi di persone che vogliano nascondere la propria identità per il compimento di reati nella dimensione virtuale.
I reati nel metaverso analizzati finora sono soltanto un piccolo assaggio dell’effettiva mole di problemi con i quali cittadini, legislatore e difensori si troveranno a fare i conti di qui a breve. Motivo per cui vale la pena non lasciarsi trovare impreparati. Per come la penso io, è sempre meglio prevenire che curare.