Tutela della privacy: la sfida posta dal Metaverso

La tutela della privacy è come un baule di tessuti preziosi. Se non sai come prendertene cura, rischi che le tarme vi banchettino sopra.

di Riadi Piacentini

La linea sottile della tutela della privacy nel Metaverso, tra AI e assenza di interventi del legislatore

Sembra quasi impossibile credere che il mondo digitale sia riuscito a prendere uno spazio tale da creare una realtà alternativa – o, meglio, plurimi angoli di realtà alternativa – dove tutti non vedono l’ora di accaparrarsi la propria nicchia e difenderla con le unghie e con i denti.

Senza andare troppo lontano nel tempo, 10 anni fa chi giocava a Second Life era un picchiatello che non sapeva affrontare la vita vera e, per questo, si rifugiava nella tridimensionalità di una piattaforma fatta di interazioni con player sconosciuti. L’avatar era visto come il tentativo disperato di qualcuno di apparire diversamente da com’era realmente per l’incapacità di accettarsi così come mamma l’aveva fatto. E il tempo speso sulla realtà virtuale come un investimento futile e privo di senso.

Oggi, invece, parliamo del metaverso come la scoperta del secolo e non c’è giorno in cui non appaia un post su LinkedIn o un articolo su Google o un video su YouTube, tutti con un unico obiettivo: il clickbait o, quantomeno, il più alto numero di views possibile. Le posizioni si sono ribaltate, insomma, e sei sfigato proprio se non parli di metaverso.

In questa furiosa corsa al pezzo più acchiappa like, uno degli aspetti che vale la pena di analizzare dal mio punto di vista riguarda il confine sottile che esiste nel metaverso quanto si parla di tutela della privacy. Quali sono i rischi e le limitazioni che ci possiamo aspettare? Esistono davvero strumenti per tutelarla? Cosa può fare il diritto per chiunque si avventuri in questo mondo così cool ma dove la legge non ha ancora piantato la sua bandiera?

Disegno su parete di una videocamera a simboleggiare i rischi cui è esposta la tutela della privacy nel metaversoIl problema del “gioco” è il gioco stesso

Il problema del metaverso (o dei metaversi) è il suo aspetto. La rappresentazione grafica ricorda quella di un gioco, il che trasmette nell’utente una sensazione di svago e tranquillità. Questo rappresenta il primo ostacolo per chiunque approcci la realtà virtuale della quale stiamo parlando: molti potrebbero non prenderla sul serio e, con essa, le implicazioni che ne conseguono. Se vivi l’esperienza come un gioco, del resto, come fai a renderti conto di ciò che sta accadendo e del modo in cui può fattivamente riflettersi sulla tua sfera giuridica?

Il primo punto da chiarire per l’utente è proprio questo: il metaverso non è una piattaforma dedicata allo svago, dove tutto quello che accade rimane confinato nella sessione di gioco. Ogni azione compiuta, al contrario, è suscettibile di avere ripercussioni di tipo giuridico delle quali è bene avere consapevolezza prima che esse si verifichino.

È questo il caso della tutela della privacy. L’utente dovrebbe essere adeguatamente formato sui dati sensibili che rischia di condividere nel metaverso al momento dell’ingresso nella realtà virtuale. Le azioni che compirà, le interazioni che avrà potrebbero determinare un involontario conferimento di dati personali. E il “gioco”, signori miei, non vale sicuramente la candela.

Le alternative per la tutela della privacy sin dalle prime battute

In linea di massima, molti risolverebbero il problema della tutela della privacy dell’utente con la solita solfa: l’accettazione di un’informativa sul trattamento dei dati personali. È evidente, però, che si tratti di una soluzione di comodo, ben lontana dal fornire a chi sta dall’altra parte ciò di cui ha realmente bisogno e, cioè, effettiva consapevolezza dei meccanismi giuridici sottesi alle sue azioni nel metaverso.

Un’informativa sul trattamento dei dati personali non è sufficiente per 2 motivi. Innanzitutto, da anni si è oramai persa l’abitudine a leggere i lunghissimi papiri che anticipano l’utilizzo di qualcosa: un’app, un gioco, un programma. Andiamo un po’ sulla fiducia, per così dire. Si correrebbe perciò il rischio di esporre scientemente l’utente all’accettazione passiva di conseguenze che nella pratica ignora.

Ecco perché è stata avanzata l’ipotesi di predisporre una sessione di gameplay anticipatoria dei meccanismi del metaverso. Così, l’utente verrebbe esposto a tutte le criticità del “gioco” e sarebbe portato a interrogarsi per esperienza diretta sulle circostanze che mettono in pericolo la sua privacy. Una proposta, questa, senz’altro più macchinosa ma in grado di fornire maggiore consapevolezza all’utente.

Ragazza seduta sul letto, illuminata dalla luce del proprio pcLa tutela della privacy nel metaverso come priorità 

Se una scala di priorità va fatta, la tutela della privacy merita sicuramente il podio. Non ci sono compromessi quando si tratta delle scelte che interessano la sfera giuridica della persona. Il che è ancor più vero – e pretende un grado di attenzione maggiore – se parliamo di una realtà virtuale dove il diritto fatica a svolgere la sua funzione di tutela proprio quando ce n’è più bisogno.

L’utilizzo massiccio di AI, attraverso i visori e le interfacce sensoriali, crea un terreno estremamente fertile per la raccolta di dati sull’utente che decida di muoversi nel metaverso. Attraverso l’intelligenza artificiale, vengono assimilate preferenze, dati relativi ai nostri interessi personali, dati biometrici, perfino informazioni relative allo status mentale ed emotivo. Si tratta di un’invasione della sfera sensibile della persona che necessita di un intervento del legislatore a pena di vedere maltrattata la tutela della privacy.

L’unico modo per riuscirci è definire con precisione le modalità di applicazione dell’attuale GDPR nel metaverso, indicando agli utenti che desiderano operare nel metaverso le finalità di trattamento dei dati personali. In mancanza di questo intervento, vige l’anarchia giuridica.

Palo dove spicca un adesivo con la scritta Esiste davvero una tutela della privacy nel metaverso?

Stando così le cose, abbiamo parlato in forma esclusivamente ipotetica ed è questo il tono su cui continuerà ad assestarsi la conversazione. Finché il legislatore non deciderà di prendere in mano la situazione, non potremo fare altro. Questo, però, non significa che sperare in una tutela della privacy nel metaverso sia utopico e che entrare nel metaverso equivalga necessariamente a perdere ogni forma di controllo sui tuoi dati.

Innanzitutto, il primo consiglio che posso darti è di procedere con cautela. Per affascinanti che siano le novità e per soverchiante che sia la voglia di buttarcisi a capofitto, se non sei sicuro di ciò che vuoi condividere e del modo in cui tutelarti, prenditi il tempo per fare le tue valutazioni e pensa di chiedere il parere di un esperto della tutela legale nel mondo virtuale. Muoverti nel metaverso, così, ti sembrerà più sicuro ed eviterai di incorrere in errori grossolani, avendo sempre le spalle coperte da un legale che capisce i meccanismi della realtà digitale.

In secondo luogo, assicurati sempre di avere tutte le informazioni necessarie prima di prendere delle decisioni, specie se inerenti la tua privacy. Così, potrai compiere scelte consapevoli, monitorare l’andamento della situazione a mano a mano che procedi e fermarti quando dovessi ritenere di non essere più al sicuro.

Infine, leggi e tieniti sempre al passo con le novità. Il metaverso è una realtà in continua trasformazione e, se sei interessato a conquistarlo e a lasciarti conquistare, conoscerne le evoluzioni è il minimo per comprenderlo al meglio senza rinunciare ai tuoi diritti.

 

La tutela della privacy è come un baule di tessuti preziosi. Se non sai come prendertene cura, rischi che le tarme vi banchettino sopra.