Reinventare il diritto: una necessità e non una scelta

Molte volte ci si trova davanti ad un bivio. Altre volte non c’è scelta: la strada da intraprendere è una ed unica, perlopiù tortuosa. In un mondo giuridico che si prepara sempre di più ad accogliere legal operations, project manager e legal business analysts e nel quale la tecnologia permette ad un avvocato, senza troppe difficoltà, di codificare i propri contratti tramite algoritmi, il cambiamento non è una scelta riservata a pochi visionari, ma piuttosto una necessità.

di Daisy Boscolo Marchi

Il cambiamento: tutti lo vogliono, pochi lo fanno.

È chiaro che una grossa responsabilità rispetto alla reticenza al cambiamento che colpisce da anni il settore giuridico vada cercata nel sistema educativo nazionale che – salvo rare eccezioni – ancora oggi imposta corsi, lezioni e carriera del settore legale esattamente nello stesso modo in cui venivano impostate 50 anni fa, invece che investire nella creazione di figure ibride e capaci di far partecipare il diritto alla strategia – che sia questa istituzionale o economica – del Paese.

Pare evidente quindi che nozioni come coding, business analysis o ancora pricing specialist debbano ormai prendere posto nei programmi di formazione Universitaria – iniziale o continua – di studenti e avvocati, perché solo integrando un approccio euristico gli esperti di diritto appartenenti alla tradizione di civil law potranno proteggersi dalle “insidie” dell’IA e del deep learning, che ricorrono massicciamente a metodi di programmazione classici che possiamo definire deterministici.

L’euristica (contrariamente al metodo deterministico) è un metodo informale senza alcuna garanzia di successo. Un approccio euristico consiste quindi nel tentare di fronte a un problema, una strada sconosciuta, pur conservando la possibilità di provarne altre se quella che sembrava promettente non portasse rapidamente a una soluzione. Nel bilanciare quindi il determinismo di IA e deep learning, il giurista può avere un ruolo fondamentale, proprio integrando a monte questo approccio euristico che permette di instaurare a valle un principio di un’intelligenza artificiale human-centric.

In sostanza, la realtà è abbastanza ovvia: che piaccia o no, gli avvocati devono tenere conto delle varie, forti e spesso violente distorsioni introdotte dalle nuove tecnologie e dei pericoli che le accompagnano. Senza cadere nel pessimismo, è necessario individuarne il potenziale, partendo da un punto chiaro: reinventare la legge non è una scelta. Si tratta di una necessità, ma soprattutto di un’opportunità unica, soprattutto per quegli esperti di diritto che da anni militano per dare autorevolezza alle figure ibride e polivalenti, anche nel settore legale.

Dal momento che lo si deve fare con gli strumenti a nostra disposizione, il cambiamento va affrontato in maniera seria, oggettiva e senza estremismi: non stiamo andando verso una dittatura della tecnologia, ne tantomeno verso la pietra filosofale che ci permetterà di risanare la “corruzione della materia”.

Si tratta semplicemente di guardare e analizzare (e non semplicemente vedere) la società che cambia, così come cambiano le sue esigenze. Adattarsi all’ambiente socio-culturale che evolve e operare un rinnovamento. In fondo, la longevità dell’uomo deriva proprio dalla sua capacità dimostrata nei secoli di operare un numero pressoché indescrivibile di “rinnovamenti civilizzatori”. Il giurista è certo meno abituato al rinnovamento, ma non è mai tardi per imparare.