MUM sarà anche capace di leggere nel pensiero oppure lasciamo al prossimo aggiornamento questa famigerata facoltà?
di Riadi Piacentini
Google MUM, l’ennesimo parto dell’intelligenza artificiale
Di intelligenza artificiale non si parla mai abbastanza, specie quando c’è Google di mezzo. Il colosso digitale ha, infatti, annunciato in tempi non sospetti il lancio di un nuovo aggiornamento del suo algoritmo, dopo BERT nel 2019 e Smith nel 2020. Il nome? Evocativo: M.U.M., o MUM, a significare Multitask Unified Model.
In parole povere, potremmo definirlo la dimostrazione di come l’intelligenza artificiale continui a insinuarsi magistralmente nelle nostre vite, riscuotendo approvazione e successo taciti. L’uso dell’IA da parte di Google, del resto, è sempre stata al servizio dell’utente e, anche in questo caso, l’obiettivo perseguito rimane lo stesso. Nel 2022, in particolare, è imperativo mettersi al passo con i tempi e, soprattutto, con le ricerche degli utenti.
L’intelligenza artificiale può farlo. Google può – e deve – farlo per assicurarsi l’indiscusso primato che è riuscito a mantenere sugli altri motori di ricerca nell’ultimo ventennio.
Google MUM: cos’è e cosa c’entra l’AI?
Tutto. La risposta alla domanda “cosa c’entra l’intelligenza artificiale con Google MUM?” è tutto. Per gli esperti del settore non è una novità, ma per i profani è importante prendere atto della realtà. Il sistema Google si fonda sull’uso dell’artificial intelligence per fornire il servizio che, oggi, lo rende il motore di ricerca più conosciuto ed efficiente al mondo.
Google MUM si inserisce nel ventaglio di aggiornamenti periodici con cui il colosso digitale garantisce costantemente la massima resa ai suoi fidati utilizzatori. In particolar modo, se è vero che l’obiettivo principale di Google è fornire risposte alle domande dell’utenza, Google MUM è stato pensato per riuscire a comprendere le query più complesse.
Il fatto è questo: negli ultimi anni, è stata rilevata una tendenza da parte degli utenti a generare query più lunghe che in passato, composte da 4-5 parole almeno. Un esempio lo forniscono le ricerche “cosa fare a Torino in un giorno” oppure “dove dormire a Pisa e spendere poco”. Questo ha aumentato il livello di complessità per l’algoritmo in termini di comprensione del nucleo centrale della query. È proprio qui, nell’interstizio lasciato vuoto dal suo predecessore BERT, che subentra Google MUM.
I dettagli su Multitask Unified Model
Il nuovo algoritmo di Google, sulla cui data di lancio si hanno solo infondate indiscrezioni, è stato definito dai suoi sviluppatori come il più potente che sia mai stato creato finora – con buona pace del povero BERT.
Per essere più precisi, se BERT si limita a cercare il significato di ciascuna parola della query senza riuscire a metterle insieme per comprenderne il significato complessivo, MUM è rivoluzionario. Un uso ottimizzato dell’intelligenza artificiale, infatti, ha permesso di favorire una migliore comprensione del linguaggio umano da parte dell’algoritmo, sia per quanto riguarda l’aspetto semantico sia per quanto riguarda l’intento di ricerca dell’utente.
Google MUM è in grado di interpretare le parole utilizzate dall’utente, di individuarne il search intent e di rispondere in modo appropriato alla ricerca, fornendo il miglior risultato perfino all’utente con le idee confuse – e la cui confusione emerga dalla scelta di parole della query.
L’esempio fornito da Google sul funzionamento di MUM
Supponi di essere un amante dell’hiking e immagina che, dopo aver affrontato il Monte Adams nel Sud dello Stato di Washington, tu voglia porti come prossimo obiettivo il Monte Fuji. Le informazioni di cui hai bisogno per prepararti sono molte: quanto è alto il monte, che grado di difficoltà implica la scalata, qual è l’equipaggiamento giusto da utilizzare, che temperatura devi aspettarti lassù e così via.
Attualmente, Google è in grado di rispondere a queste domande. Per riuscirci, però, dovresti fare tante ricerche quanti sono gli interrogativi ai quali hai bisogno di risposta. Il che non è male come risultato. È vero anche che, se andassi da un istruttore esperto di hiking, ti basterebbe porgli un’unica domanda per ottenere tutte le risposte che desideri.
Al momento, i motori di ricerca non hanno raggiunto un livello di ottimizzazione tale da fare ciò che l’istruttore farebbe per te. Con l’aggiornamento Multitask Unified Model, però, si assottigliano le differenze e avrai bisogno di molte meno ricerche per ottenere esattamente ciò che cerchi.
Come l’evoluzione dell’AI ha portato a MUM
Tutto molto bello e interessante, ma… Com’è stato possibile arrivare a MUM? La risposta consiste di due parole: knowledge graph. Tecnicamente, il knowledge graph consiste in un legame tra entità reali (es. oggetti, immagini, eventi, situazioni) e illustra proprio la relazione che esiste tra ciascuna di queste entità. Un elemento simile, una volta fornito all’algoritmo, favorisce la comprensione semantica.
Google ha iniziato a sfruttare il meccanismo del knowledge graph nel 2012 e ne ha via via implementato le funzioni per migliorare i risultati forniti agli utenti nella SERP. Prima di MUM, il massimo risultato ottenuto da Google mediante l’uso dell’intelligenza artificiale era esitato in BERT, l’aggiornamento dell’algoritmo giunto in Italia nel 2019 che riesce a intuire il search intent dell’utente.
MUM promette di superare ogni aspettativa e di implementare ulteriormente la capacità del motore di ricerca di rispondere alle domande dell’utenza. Perché? Perché è capace di capire a quale risultato miri l’utente, di quale risposta abbia bisogno e di procurargliela in tempo zero.
Cosa significa questo per le aziende?
Se è vero che l’impatto di MUM si preannuncia imponente, è legittimo chiedersi se ci siano conseguenze per le aziende ed eventualmente quale esse siano. Non è un caso che il mondo pubblicitario abbia sollevato i primi dubbi riguardo all’aggiornamento. Le imprese, cioè, si sono chieste se il fatto di fornire risposte così precise non rischi di comportare, a lungo andare, una diminuzione del volume delle query e delle pubblicità. Insomma, se una persona può ottenere ciò che desidera sapere da Google con una sola ricerca, è consequenziale che il numero delle ricerche diminuisca. Questo non potrebbe che costituire un danno per chi fornisce informazioni a pagamento online.
Google, però, respinge le critiche e assicura che non ci saranno né diminuzioni di traffico né conseguenze impattanti sotto il profilo pubblicitario. Anzi, di contro, le aspettative suggeriscono un aumento sia dell’uno che delle altre.
Il 2022 si preannuncia un anno interessante per l’intelligenza artificiale. Seguendo la scia del “più passa il tempo e più l’AI entra nelle nostre vite”, Multitask Unified Model – come ogni aggiornamento dell’algoritmo Google, del resto – è già pronto a insinuarsi nel nostro modo di pensare e di porci le domande.
MUM sarà anche capace di leggere nel pensiero oppure lasciamo al prossimo aggiornamento questa famigerata facoltà?