“Dura lex sed lex” dicevano i latini. Ed è ancora così.
di Riadi Piacentini
Barilla vince il ricorso contro La Molisana: lo spaghetto quadrato non è un marchio
Pizza, spaghetti e mandolino: 3 degli stereotipi che persistono all’estero nell’identificazione della tradizione italiana. E, se è vero che potremmo sollevare innumerevoli obiezioni a riguardo, lo è altrettanto ammettere che… be’, in fatto di pasta, noi italiani siamo un tantino puntigliosi.
Lo sanno bene La Molisana e Barilla, che da anni si scontrano nelle aule di tribunale per la presunta paternità dello spaghetto quadrato. Ad essere precisi, le posizioni sostenute sono dai due protagonisti di questa battaglia legale sono le seguenti: il pastificio molisano difende la titolarità del marchio registrato nel 2013; Barilla sostiene l’esatto contrario e, cioè, l’impossibilità di considerare un marchio la dicitura “spaghetti quadrati”.
È al termine di un conflitto lungo anni che il pastificio nato a Parma vince il ricorso contro la Molisana con conferma da parte della Corte di Cassazione: lo “spaghetto quadrato” non può essere un marchio.
Ma perché?
Lo “spaghetto quadrato”: marchio registrato dal 2013
Lo spaghetto quadrato non nasce con la Molisana. La sua storia affonda le radici nella tradizione culinaria del Sud Italia, in particolare di Molise e Abruzzo. Il nome, peraltro, si trova anche in declinazioni differenti: maccheroni alla chitarra, tonnarelli, chitarroni o boscaioli. Il punto forte che ha sempre contraddistinto questa tipologia di pasta artigianale è da individuarsi nella capacità di trattenere ed esaltare i sughi ricchi della consuetudine gastronomica popolare.
Il pastificio del Molise, negli anni, ha invero posto in essere un’attività di marketing fortemente incentrata sulla promozione di questo specifico formato di pasta con l’obiettivo di distinguersi sul mercato quale principale rivenditore degli spaghetti quadrati, arrivando al punto da registrare il marchio nel 2013. L’utilizzo del fattore “novità” per la creazione degli spot televisivi (e di altri stratagemmi pubblicitari) ha, per un verso, favorito il raggiungimento degli obiettivi di vendita prefissati e, per un altro, generato la pronta reazione dei competitors.
Lo spaghetto quadrato, del resto, trova la propria collocazione anche presso altri brand che popolano il mercato italiano, ragion per cui la verifica della validità di questo marchio registrato è subito diventata una questione primaria – sollevata da nientepopodimento che Barilla.
Che cos’è un marchio registrato?
Comunemente, un marchio registrato può essere osservato e definito da due punti di vista:
- il punto di vista pubblicitario, che sofferma l’attenzione sull’aspetto visivo del marchio;
- il punto di vista giuridico, che mira a inquadrare normativamente il marchio e a definire i confini della sua operatività e tutela.
Sotto il profilo pubblicitario, il marchio viene solitamente confuso con il logo, ovverosia la parte grafica che consente di identificare visualmente in modo immediato un determinato prodotto/servizio e di ricondurne la paternità a qualcuno di altrettanto specifico (azienda, professionista).
Sotto il profilo giuridico, un marchio è un segno distintivo che inquadra, sì, l’identità di un prodotto/servizio in modo che si distingua da qualunque altro presente sul mercato. Allo stesso tempo, affinché tale identità possa essere giuridicamente protetta, è necessaria la registrazione. Solo così il titolare del marchio registrato potrà essere l’unico a utilizzare a fini commerciali quel simbolo che lo rappresenta.
Come registrare un marchio?
Registrazione marchio: come si fa, chi può farla e a che pro? Sono tutte domande, queste, che meritano una risposta per chiarire gli estremi dello scontro tra la Molisana e Barilla.
Come abbiamo anticipato, registrare un marchio è importante per avere tutela in sede legale su tutte le questioni inerenti il marchio stesso, appunto. Affinché sia possibile procedere alla registrazione, è tuttavia necessario che il segno distintivo prescelto risponda a determinate caratteristiche. In particolare, dev’essere:
- nuovo e, cioè, distinguersi da qualsiasi altro presente già sul mercato;
- lecito, pertanto non può essere offensivo né violare diritti d’autore, men che meno rappresentare un quid che non si è avuto il permesso di rappresentare (es. nome di un’altra persona);
- non ingannevole, sicché non può creare nel consumatore un’aspettativa che non riesce a soddisfare (es. dire che un prodotto aiuta la regolarità intestinale se non lo fa davvero);
- distintivo, ovverosia deve identificare il prodotto/servizio in modo così chiaro da non renderlo sovrapponibile con nessun altro presente sul mercato, creando pertanto identità;
- lungi dall’imitare una denominazione di origine protetta.
In possesso di tali caratteristiche, il diretto interessato (o un soggetto che lo rappresenta, dotato di delega) può depositare la domanda di registrazione – la quale può essere accettata o rigettata. Entro 3 mesi dalla data di presentazione della domanda, chiunque ritenga che la richiesta non sia meritevole di accoglimento può a sua volta presentare un’opposizione alla concessione del marchio. È proprio in questo lasso di tempo che si inserisce l’intervento di Barilla.
Le motivazioni alla base dello scontro
Vedere due colossi come Barilla e la Molisana scontrarsi nelle aule di Tribunale non è cosa da poco, ragion per cui la questione ha suscitato l’interesse della stampa – meno, invece, quello dei consumatori. Vediamo in modo più approfondito quali argomentazioni hanno fatto schierare l’uno e l’altro marchio a sostegno delle rispettive posizioni.
Iniziamo da Barilla in quanto autrice del ricorso per la dichiarazione di nullità del marchio registrato “spaghetto quadrato”. Il pastificio emiliano ha addotto a sostegno della propria tesi che il presunto marchio mancasse delle caratteristiche previste di norma per il riconoscimento e la registrazione di un marchio: innanzitutto la novità e l’unicità. Per la Barilla, in sostanza, “spaghetto quadrato” è soltanto la descrizione delle caratteristiche del prodotto, ma nulla dice di più che sia in grado di distinguere e contraddistinguere un quid di diverso e peculiare.
La Molisana, dal canto suo, non soltanto ha sottolineato il legame tra il formato di pasta e la tradizione culinaria del Molise (e di Abruzzo e Puglia), ma ha anche evidenziato come le campagne mirate di marketing messe in atto negli ultimi anni – e insistenti proprio sullo spaghetto quadrato – avessero necessariamente creato un’identificazione tra marchio e prodotto agli occhi degli acquirenti.
La pronuncia della Corte di Cassazione
A dirimere ogni dubbio in merito è la Corte di Cassazione, che conferma le sentenze emesse in primo e in secondo grado: lo “spaghetto quadrato” non ha le caratteristiche per essere considerato un marchio registrato, dunque si deve procedere alla sua cancellazione. Questo perché:
- il nome scelto (“spaghetto quadrato”) non dice nulla della natura intrinseca del prodotto al punto da distinguerlo sul mercato per la sua unicità, bensì si limita a descrivere le caratteristiche di un formato di pasta già noto e commercializzato da altri brand;
- non sussistono nemmeno le condizioni per il c.d. secondary meaning e, cioè, non c’è stata l’acquisizione da parte del presunto marchio di una notorietà presso i consumatori tale da spingere a un’identificazione netta, chiara e senza margine di dubbio.
La questione, al di là del valore mediatico, ha un certo rilievo sotto il profilo giuridico perché conferma la piena valenza della regolamentazione presente in tema di marchi registrati, eliminando possibili zone d’ombra – terreno fertile per una gestione fantasiosa dell’identità dei brand da parte delle aziende.
Insomma, come si suol dire, dura lex sed lex.